Usiamo Termini Familiari Tra Noi

3 Settembre 2020
Nelle arti marziali tradizionali cinesi usiamo termini familiari tra noi, come fossimo appartenenti ad un unico ceppo. In senso lato, è proprio così. Il vincolo etico e morale di un praticante porta ad avere un rispetto così alto dell’appartenenza ad una scuola, da portarlo a considerarsi figlio o fratello. Avevo analizzato i termini familiari del Wing Chun quando praticavo una linea proveniente da Hong Kong. Oggi voglio dare modo ai miei studenti di HKB di comprendere le differenze, le pronunce, le idee che ci sono dietro ai nomi.
In via di discendenza lineare, per noi esiste prima di tutto il Kong Chó, 公祖 [gōngzǔ]: è il fondatore del sistema o più genericamente l’avo, il trisavolo, l’antenato. Subito dopo viene il Su Chó 師祖 [shīzǔ]. Si tratta del Maestro più anziano, in linea di genealogia. Solitamente lo definiamo il Great Grand Master, con un termine inglese. Successivamente c’è il Su Kong 師公 [shīgōng], il Gran Maestro. Nello specifico parliamo del Maestro del proprio Maestro. Un nonno marziale, per intenderci. Ovviamente, dopo il BÀI SHĪ, questo rapporto si rinforza, come abbiamo già visto sulla cerimonia Pài Su.
Conosciamo bene il termine Su Hǔ [師父], che indica il proprio Maestro, così come Su Mu [師母], sua moglie. I termini familiari più comuni per far riferimento agli studenti del Bukoan sono quelli che identificano la fratellanza. Abbiamo Su Heng [師兄] per indicare il fratello maggiore. Corrisponde allo studente che ha iniziato prima di te la pratica. Su Ché [師姐] sono, invece, le studentesse che hanno iniziato prima a praticare. I fratelli minori, quelli che arrivano nel Bukoan dopo di te, sono i Su Tǐ [師弟], se maschi, o Su Mūi [師妹], se sono femmine.

APPARTENENZA ALLA FAMIGLIA
Appartenere alla famiglia ha un valore profondo. Quando ho scritto il perché scegliere il Black Flag Wing Chun, credo di aver chiarito che la nostra è molto di più di un’associazione, di un mero gruppo. Forse è più l’idea di un club esclusivo inteso come clan. Per alcuni significa solo indossare una magliettina con un logo. In realtà, si parla di un’identità profonda, l’appartenenza ad una comunità internazionale, che non ha confini. La famiglia marziale protegge. Non è stato uno solo il caso in cui ci siamo aiutati come fossimo parenti, sia per problemi economici, sia per problemi a casa.
Negli Anni Venti la nostra scuola è stata chiamata 福建咏春国术家 [fújiàn yǒngchūn guóshù jiā] Hok Kiàn ¯¯Éng Chun Kok Su̍t Jia, quindi come Famiglia di arti marziali tradizionali cinesi del Wing Chun del Fujian. Il sistema era semplicemente riconosciuto come 拳道 [quándào] Kûn Thâu, genericamente “la via del pugno”, un po’ come tante altre scuole indonesiane e del Sud-Est asiatico. Non essendoci un curriculum scritto e verificato, ogni insegnante sotto alla grande ala del Gran Maestro Kwee King Yang ha deciso di muoversi in modo diverso, sia a livello nominale che educativo, formativo.
La classificazione, sistematizzazione e la versione con un curriculum preciso la dobbiamo al GM Lín Xiáng Fù (portatore di buona fortuna), il mio Suhu. Con lui nasce prima l’associazione internazionale Hek Ki Boen Kun Tao (appunto), poi, più precisamente, l’Hek Ki Boen Eng Chun Pai, la nostra famiglia. Nella storia ci sono sempre stati Maestri che hanno portato innovazioni. Nel suo caso, è stata un’opera certosina di verifica e sistemazione di un curriculum enorme. Con l’idea di creare scuole in tutto il mondo, è riuscito nell’intento di rendere questa pratica fruibile al pubblico.

VINCOLI E TRADIZIONI
Cosa significasse prima dell’era contemporanea appartenere ad una famiglia non ve lo so proprio dire con certezza. Alcuni Maestri parlano di tradizioni piene di riti, miti e simboli, altri di concetti fantasiosi. Nella nostra scuola si narra che chi tradiva subiva il taglio dei tendini… Ora, stante il fatto che siamo nel 2020, è chiaro che certe situazioni non sono ripetibili. Quello che posso assicurarvi è che ci si rimane male, questo sì, quando un praticante lascia la scuola e smette di percorrere il sentiero. Se poi si tratta di uno studente della classe Leadership, ancora di più.
Ai nostri giorni non abbiamo più vincoli, pur usando termini familiari tra noi. Sì, ci sono palestre, associazioni, tesseramenti. Sono meri vincoli burocratici, così come i mensili, i soldi. Quello che ho cercato, costruito e sviluppato è, invece, l’appartenenza ad una famiglia di alto livello. Un club ristretto di persone che si vogliono bene, che si aiutano, in pieno spirito comunitario. Ognuno ha delle potenzialità, delle capacità e delle competenze che mette a disposizione degli altri per esser certo di rispondere al primo dovere: donarsi. Questo è l’unico vincolo oggi presente.

Ti doni quando fai da sparring partner. Ti doni, quando sai che ti stai per prendere due “cartoni”. Ti doni, quando fai provare all’altro il Liông Jiú 龍手 [lóngshǒu], la famosa mano del drago. Chi sa sa, eh eh eh… Il bello di appartenere ad una comunità ristretta è proprio quello di sapere che non c’è cattiveria. Non esiste brama di far male. C’è solo la voglia e la determinazione di far propria un’arte marziale tradizionale, che porta enormi benefici. Ma anche una disciplina di alto livello di comprensione di sé, che dà al praticante la capacità di sapersi difendere in modo efficace.