Il rapporto Maestro-Allievo

15 Novembre 2020
Ho sempre pensato che puoi essere anche un tecnico eccellente, ma ciò che lascerà davvero i frutti sarà sempre il rapporto maestro-allievo. Puoi essere un ottimo maestro, magari, che conosce e sa insegnare il sistema. Ma se non sei in grado di creare un legame empatico, se non mangi a tavola con i tuoi ragazzi, se non stai insieme e non scambi energia con loro, non si creano i presupposti per la trasmissione. Ne sono pienamente convinto, perché ho incontrato più volte, lungo il percorso, persone competenti, che non hanno voluto costruire relazione.
Dall’altra parte, puoi essere anche un ottimo allievo, un vero discepolo, ma… Se ci sarà anche un minimo accenno di ego, la gran parte degli insegnamenti non servirà a molto. Il sentimento per l’arte marziale non può essere condito con l’egoismo. Spesso ho conosciuto persone che volevano apprendere parti di sistema per padroneggiare le mere tecniche, giusto per auto-celebrazione. Qui è impossibile che ci sia trasmissione, non c’è verso che qualcosa venga appreso ed interiorizzato. Dove si pratica per prendere tecniche, non c’è empatia. Senza questa empatia, il rapporto maestro-allievo non si instaura.
Alcuni pensano che siano i colori degli abiti, maglie o cinture a fare di alcuni uomini maestri e di altri studenti. Lo vedo anche durante le lezioni, quando indosso i colori da maestro, le persone si fanno avanti con timore. Siamo così tanto abituati a questa formalità che è difficile metterla da parte per costruire rapporti di valore. La relazione vera è una rarità, ma non è detto che sia sempre così. Il rapporto maestro-allievo prende forma dalla volontà profonda di partecipare al vivere la pratica come essenza di vita. Questo fa sì che vengano meno le differenze tra praticanti, sebbene uno insegni e l’altro apprenda.
RISPETTO RECIPROCO
Il rispetto è la chiave per costruire una relazione duratura. Solo tra i due? No, serve anche il rispetto e l’amore profondo per l’arte marziale, che costituisce l’oggetto per cui si costruisce il legame. Se vogliamo vederla dal lato filosofico, sono i due soggetti, docente e discente, che sono stati scelti dalla stessa arte. Te ne puoi accorgere, perché esiste ormai un vero e proprio mercato dei movimenti. Se hai due spicci in tasca e vuoi comprarti una forma o una serie di sequenze, puoi farlo. Puoi comprarti titoli, livelli e cinture. Non c’è più alcun limite alla decenza, perché è venuto meno questo rapporto unico.
Oggi si spacciano sequenze, movimenti e tecniche senza capo né coda, proprio perché è difficile rispettare questo legame da parte delle due figure più importanti per la conservazione dell’arte marziale. Il rapporto maestro-allievo è quindi una garanzia per la tradizione. Senza non c’è consapevolezza, perché diventerebbe solo commercio di azioni motorie prive di senso profondo. In realtà, l’unica speranza di conservare la consapevolezza del movimento più interno sta nell’essere eterni allievi alla ricerca della Via. Solo in questo modo il rapporto potrà preservare la coscienza del sé.
Si può condividere la ricerca? Assolutamente sì, se c’è rispetto reciproco. Bisogna saper rispettare la velocità o la lentezza dello studente. Dall’altro lato, è necessario seguire la passione, sperimentando e ponendo domande all’insegnante. Solo chi pratica ha domande da fare, perché sente su di sé le sensazioni durante il movimento, quando lo interiorizza. La ricompensa per questo rapporto così profondo che si crea tra i due perni della tradizione dell’arte marziale è la consapevolezza. Si scopre così il grande valore della relazione, al di là di colori, titoli e commercio: l’emozione del rapporto.
ARTE INDIVIDUALE E COMUNITARIA
Il nostro sistema, nella sua chiave individuale, coinvolge il singolo e il suo sé come percorso evolutivo per prendere coscienza. Questo cammino viene determinato inizialmente attraverso il corpo, con l’assimilazione graduale dei movimenti. Subito dopo, viene appreso dalla mente, con tempi più lunghi, durante i quali il praticante acquisisce maggiore sicurezza e un’acuta osservazione delle cose, dello spazio e del tempo. In questo viaggio nell’arte, è fondamentale che l’individuo sappia affidarsi al Maestro, ma anche alla sua comunità.
In sostanza, quando si accede al rapporto diretto maestro-allievo, non si chiede di imparare solamente le competenze tecniche, ma una vicinanza “privilegiata” e un affiancamento in un lavoro di riflessione sul proprio sé. Dall’altra parte deve esserci una persona in grado di guidare lo studente, ma che continui nella sua ricerca continua e costante. Altrimenti sarebbe come imparare su un libro stampato migliaia di anni prima, senza alcuna consapevolezza dello sviluppo e del progresso. Quando si pratica, si entra nella propria stanza dei pensieri.
Il praticante deve sentirsi riconosciuto, compreso e mai giudicato. Da qui si crea la piena fiducia tra docente e discente. Da una parte, ci deve essere la capacità del maestro di accompagnare l’allievo nel suo percorso di cambiamento. Dall’altra, ci deve essere la capacità dello studente di creare relazione empatica con l’insegnante, dimostrando l’amore per la disciplina. Il rapporto maestro–allievo è ben lungi dall’essere semplice. Il maestro non è un semplice insegnante che trasmette competenze tecniche, ci siamo detti, ma è anche e soprattutto un individuo dotato di esperienza e consapevolezza dei propri vissuti, che passa con amore e dedizione.