L’esercizio corporeo a pieno contatto con la natura o mediante la capacità di evasione, attraverso la concentrazione e le sensazioni del corpo interiore, permette di liberarsi dalle angustie psichiche generati dai conflitti della vita di tutti i giorni. Penso che questa innegabile realtà, sommata alle numerose sensazioni piacevoli che la dinamica corporea suscita, dia un senso e una dimensione speciali alla nostra dimenticata e maltrattata materia che ci contiene (il corpo). Continuo a battere su questo punto, perché ritengo che nel mondo del Wing Chun ci sia stato un eccesso di smaterializzazione, di ricorso a principi ed idee, a fronte della percezione delle sensazioni corporee, che potrebbero aiutarci a migliorare la pratica e, sicuramente, noi stessi. Possiamo parlare di un eccesso di verbalizzazione e sofisticazione che ha portato ad un allontanamento susseguente dalla pratica fisica fatta di sudore, per esempio.
Ho osservato che, in linea generale, si parla eccessivamente del corpo e delle sue reazioni presenti e future quando si lavora con esso. La gente si sente obbligata a percepire quelle sensazioni che il suo mentore gli suggerisce e, quando non le sente realmente, ossia quasi sempre, si ritiene defraudata o cerca subito di correggere degli errori posturali, degli assetti naturali, senza prima capire il motivo di fondo che li ha portati ad avere dei problemi.
Da un altro lato, si è sofisticato tutto ciò che riguarda il corporale, quando, al contrario, si tratta di una materia semplice, naturale, fondata sullo sforzo e sul sudore. Il controllo e le percezioni corporali, certamente piacevoli, ma pure scomode, vengono ormai concentrate sotto pressione in recipienti, in maratone di un fine settimana o di cinque giorni. Si sta ingannando la gente, dandole una falsa mercanziì, adornata di parole, gesti, ambiente e prezzo, adeguata al desiderio di autogiustificazione e di non sforzo del consumatore. Si stanno trasformando i praticanti in consumatori. Anzi, è stato già fatto!
Stiamo negando il maggiore e più voluminoso conflitto formale della nostra vita: il corpo. Qui comincia il mio attacco, la mia lotta instancabile contro l’inganno e la rivendicazione dell’essere umano attraverso la sua struttura materiale, il suo corpo. Il lavoro corporale non può limitarsi, nel migliore dei casi, a rilevare un conflitto emozionale, l’inibizione dell’aggressività (ad esempio), a parlare all’individuo dell’origine del suo blocco e ad assegnargli poi la parte del leone, per contrasto, affinché reciti e giochi come tale durante esperienze temporali esageratamente brevi.
Per cominciare, poiché l’assegnazione della parte va a definire la sua recitazione successiva, l’individuo va a configurarsi sull’immagine suggeritagli dal terapeuta o dal gruppo. Inoltre, quell’individuo, agnellino nella sua vita per la ruminazione della sua aggressività, è molto possibile che desideri, per esempio, sentirsi e manifestarsi come “agnello adirato”, divenendo così più spontanea e sincera la sua recitazione.
Da un altro lato, il corpo, come la mente, in un’unione indissolubile, deve essere esercitato quotidianamente e per tutta la vita, con la finalità di mantenere e di rafforzare l’equilibrio psicosomatico. Ma è necessario non verbalizzare tutto, lasciando da parte i cinque sensi tradizionali, affinché il corpo di ogni individuo comunichi senza parole con i corpi degli altri.
La cosa importante in un lavoro adeguato di dinamica corporea, come quello del nostro Wing Chun, non è ciò che si verbalizza, bensì quello che l’unità corporale di un individuo percepisce dalle altre e comunica loro senza parole, per esempio, durante l’interpretazione di una forma.
Certamente gli obiettivi generali di una lezione di Wing Chun sono: presa di coscienza e coordinazione del corpo, equilibrio psicosomatico e sensibilizzazione dello stesso (comunicazione). Essi coincidono, in un modo più o meno cosciente e voluto, con gli obiettivi individuali dei componenti della comunità, ma spesso è conveniente non spiegare in che momento della lezione si lavori su di essi, con la finalità che il corpo del praticante lo scopra e lo interpreti a modo suo.
Si originano così nella comunità, senza necessità di eccessive verbalizzazioni, forti legami di solidarietà affettiva. La comunità è depositaria di una funzione individuale e comune, il conseguimento dell’equilibrio corpo-mente. La gente che non ha potuto essere presente ha sentito addirittura la mancanza dell’incontro per bere qualcosa in gruppo dopo la doccia, non tanto per la bibita in sé, come si può supporre, bensiìper l’esperienza di vita di quella comunicazione solidale ed integratrice “persino” fuori dal Tatami, dalla sala, dal Kwoon.
Ripeto ancora una volta che l’eccesso di parole rende difficoltoso e occulto il linguaggio corporale. Per tal motivo durante i faticosi allenamenti degli atleti agonisti, si raccomanda loro che parlino, per cercare di inibire le espressioni corporali generate dalla fatica. È pur vero che tutto ciò contribuise a dare una certa impronta alla comunità, oltre ad un processo di autostimolo e di distrazione a livello individuale. Ma a ben guardare, si tratta essenzialmente di esercitare il corpo meccanicamente, senza coscienza di esso e questo non è consigliabile per lo sviluppo dell’equilibrio psicosomatico.
La società, per mediocrità, per complesso d’inferiorità, per invidia e mancanza di decisione a rompere la sua inerzia corporea, per la paura della mancanza di grazia e quant’altro, si difende attaccando coloro che praticano in modo apparentemente incosciente, tanto con le parole quanto con il comportamento e con espressioni come “vieni, non essere stupido, perché perdere il tempo a sudare e a sforzarti, quando lo puoi dedicare a berti una birra o a cercare una ragazza”. Hanno dimenticato il bello del sudore e dello sforzo, della
stanchezza e del furore, nonostante la prosaicitá dell’inizio e dell’aspetto fisico dei praticanti per coloro che guardano dall’esterno.
Coloro che sono dentro invece, percepiscono una nuova dimensione di bellezza, percezione, comunicazione e sentimento. Conviene evidenziare il fatto, affinché nessuno si tragga in inganno, che il lavoro corporeo ha le sue esigenze e le sue difficoltà, richiede un piccolo sacrificio, una contropartita in tempo e volontà. Inoltre, quando si pratica da un po’ di tempo, può risultare a volte banale, nonostante le piacevoli sensazioni che si percepiscono dopo il riscaldamento e la doccia.
Mi spiego: è qualcosa di simile al mangiare, se abbiamo la sicurezza che ogni giorno, nel sederci a tavola, i nostri alimenti sono sani e abbondanti, raramente ci preoccuperà questo argomento. Basta, però, la minaccia di insicurezza o il ritardo di alcune ore nel mangiare perché un individuo ci pensi ossessivamente.
Questo avviene esattamente allo stesso modo con la dinamica corporea, a volte si trova una persona inappetente, pigra a cominciare e a rompere la prosaica inerzia con il riscaldamento. È sufficiente aver lasciato le lezioni alcuni giorni per sentirsi estranei alle stesse, privi di informazioni e sensazioni individuali e ambientali, impoveriti e a disagio fisicamente e psicologicamente, bisognosi di esercitare nuovamente il lavoro corporeo equilibrato, creativo e arricchitore del Wing Chun Kyun (Eng Chun Kun). Per questo motivo chiedo sempre ai miei ToDai di non perdere le lezioni, se non in casi particolari, perché potrebbero sentirsi “estranei” al rientro.
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